Paolo Ciampi, il narratore dei viaggi lenti

Intervista a Paolo Ciampi

Ho il piacere di inaugurare questo blog con un’intervista ad un amico scrittore (o narratore, come ama definirsi) Paolo Ciampi, fiorentino come me, che ringrazio per questo bel contributo. Paolo ha scritto e continua a pubblicare libri legati soprattutto alla narrativa di viaggio.

L’ho conosciuto quando ho presentato il suo “Tre uomini a piedi” la storia di tre amici che decidono di percorrere a piedi la Via degli Dei, da Bologna a Firenze. E così grazie a lui ho imparato ad apprezzare la “lentezza” come dimensione dell’essere umano nello scoprire luoghi, natura e cultura del territorio.
L’anno scorso con “L’ambasciatore delle foreste” è entrato nella selezione del Premio Strega 2019 e da allora sono usciti anche “Gli occhi di Firenze” e il recentissimo “L’isola dalle ali di farfalla” di cui parliamo in questa chiacchierata. Buona lettura!

Puzzle Book Alessandra Cafiero Paolo Ciampi il narratore dei viaggi lenti

Paolo, da appassionato di cammini e percorsi in bici quale sei, ci racconti spesso nei tuoi libri del tuo modo di viaggiare “a bassa velocità”. Credi che sia la dimensione del viaggio che sempre più persone dovrebbero scegliere?

Sì, ne sono convinto, abbiamo bisogno di viaggi lenti, di viaggi che mettano in movimento i nostri corpi, di viaggi che scelgano la profondità. Viaggiare è un’esperienza necessaria, ma contrariamente al senso comune, ha più a che vedere con la dimensione del tempo che dello spazio. Non contano davvero i chilometri e la distanza, non è mai solo una distanza geografica. In uno dei miei ultimi libri – Gli occhi di Firenze – cerco di raccontare a modo mio la città dove ho sempre vissuto. Sembra un’operazione scontata, ma ne vien fuori una giornata di passi, sguardi, domande che alimentano un costante sentimento di meraviglia. Alla fine, è stato uno dei viaggi che più mi hanno portato lontano. E che mi ha detto qualcosa su ciò che intendeva Walter Benjamin quando si proponeva di “abitare poeticamente” le città.

Nei tuoi libri hai raccontato viaggi, percorsi, confini, mappe, foreste, personaggi della storia poco conosciuti. Dove e come nascono le idee e come ti prepari alla stesura di una nuova storia?

Vien facile dire – e mi sembra anche una sorta di posa – che non sei mai tu a scegliere le storie, sono le storie che ti scelgono. In realtà se le storie bussano alla tua porta, tu devi essere in grado di aprirla e di far loro strada. Cosa che a volte non capita nemmeno con le più affascinanti delle storie. Mi viene da fare l’esempio de L’ambasciatore delle foreste, uno dei miei libri più fortunati. Quella storia di fatto mi era stata consegnata una decina di anni prima, ma per tutto quel tempo non le avevo prestato attenzione, non l’avevo interrogata. Solo una serie di combinazioni mi ha portato a riscoprirla, a tirarla fuori dal cassetto, a coltivarla. In genere penso che i libri discendano dai libri e per me questo è vero anche per i viaggi, che spesso scaturiscono dall’immaginario di certe letture. Il resto lo fa la curiosità, che ritengo la principale risorsa di chi intende raccontare e trovare ascolto. 

Sulle pagine social consigli spesso ai tuoi follower autori che scopri e hai spesso mostrato foto con pile di libri in attesa di una lettura. Nel periodo del lockdown sei riuscito a metterti in pari? Quali scrittori hai letto?

In realtà è stato un periodo professionalmente abbastanza complesso, da giornalista che si è dovuto occupare di informare in questa emergenza. Ho visto meno casa che in altri periodi e il ritmo della letteratura si è un po’ allentato. Però sono andato avanti, nel modo insieme disordinato e famelico che dimostro anche a tavola… Se cerco di dare un ordine è nella lettura in certi orari della giornata, a ognuno dei quali corrisponde un titolo: perché c’è un libro per la colazione, uno per la pausa pranzo, uno per il letto e così via. Mi piace leggere molte cose insieme, inseguendo suggestioni e seduzioni varie, riprendendo e lasciando, a volte facendo anche una discreta confusione. 

In queste settimane alcuni libri mi hanno aiutato a decifrare meglio la vita ai tempi del virus. Penso per esempio a La peste di Camus o a Viaggio intorno alla mia camera di De Maistre. Però ho continuato anche a viaggiare, per esempio con le opere di Fermor. Ho cominciato Le Storie di Erodoto e ho riscoperto qualche italiano del Novecento che oggi tendiamo a trascurare, per esempio Fausta Cialente, Piero Chiara, Carlo Cassola. 

In pari no, non ci riuscirò mai, anche perché in questo tempo ho acquistato di più nelle librerie, non fosse che per sostenere realtà che considero veri e propri presidi di civiltà. E poi, se avessi esaurito le mie pile di letture, all’ansia per avere troppo da leggere si sostituirebbe facilmente l’ansia per avere troppo poco da leggere…

Puzzle Book Alessandra Cafiero Paolo Ciampi il narratore dei viaggi lenti

Noi di Puzzle Book ci rivolgiamo anche agli scrittori esordienti. Quali consigli ti senti di dare a chi oggi decide di scrivere per la prima volta una storia? Da cosa dovrebbe partire: dal tema, dai personaggi o dalla sua voce interiore?

Il primo consiglio è leggere tanto, leggere di tutto. Ogni scrittore dovrebbe fare sua la frase di Jorge Luis Borges, il grande poeta cieco di Buenos Aires: “Che altri si vantino delle pagine che hanno scritto, io sono orgoglioso di quelle che ho letto”. Io stesso, dopo una trentina di libri usciti, mi sento meno capace di scrivere ogni volta che sono meno capace di leggere. Come una pianta che non viene innaffiata.

Il secondo consiglio è sì leggere, ma non per imitare, piuttosto per cercare meglio la propria voce. Questo non vuol dire isolarsi, ma esattamente il contrario: vuol dire crescere in una comunità di persone con cui si condivide la passione per la parola letta e scritta.

Il terzo consiglio è fidarsi della propria curiosità e andarle dietro.   

Parliamo di Firenze, la tua e la nostra città. Hai citato prima “Gli occhi di Firenze” (Bottega Errante Edizioni, 2019) che ci portano a giro per i quartieri fiorentini con uno sguardo diverso, alla scoperta di luoghi spesso non conosciuti anche ai suoi abitanti. Cambierà la città nei prossimi anni? E il fiorentino sarà più curioso di conoscere il luogo in cui vive?

Le città cambiano sempre, come fanno gli organismi viventi. La loro stessa complessità è un modo di reagire alle sfide che il tempo pone loro. Il problema non è se cambiano, ma come cambiano. La crisi che stiamo vivendo è la cartina tornasole di molti errori commessi in passato, con lo svuotamento del centro e l’illusione di poter vivere di rendita sul passato e sul turismo. Però anche in questa crisi ho avuto modo di conoscere una Firenze completamente diversa: per esempio nei suoi silenzi e in odori che, senza traffico, non avevo avuto modo di conoscere prima. 

L’ideogramma cinese per “crisi” contiene sia il concetto di problema che di opportunità: io penso che ora si schiuda una straordinaria opportunità di cambiamento. Anche noi possiamo incarnare questo cambiamento: con i nostri passi, i nostri sguardi, le storie che potremo raccogliere e condividere.

Da poco è uscito “L’isola dalle ali di farfalla” (con Tito Barbini, pubblicato da Spartaco, 2020) in cui parli di utopie e possibilità, del “perché è quando le cose vanno peggio che si può davvero ripartire”. Ci racconti questa storia (così attuale)?

Se non altro si può già dire che è un libro che, appena uscito, ha manifestato una tempestività che non poteva essere nell’ordine delle cose quando è stato scritto, perché uno dei fili conduttori è la distanza, anzi, la giusta distanza. Anche se naturalmente non si tratta della distanza fisica che ci ha imposto il virus. Io e Tito continuiamo a parlare del mondo e delle sue storie così come abbiamo fatto con i libri usciti in precedenza con Vallecchi e Clichy. Solo che questa volta lui più che mettersi in viaggio è proprio scappato, cercando una sorta di Puerto Escondido in un’isola greca. Per certi versi è anche un libro sulla responsabilità: ma a chi risponde davvero la nostra responsabilità? Questa è la domanda a cui cerchiamo di dare risposta. E per il resto ci sono gli eroi e i poeti greci, ci sono i sogni dell’adolescenza e dell’età adulta, ci sono i viaggi che devono essere fatti, c’è il mare a cui presto spero si ritorni tutti.